hgbook

changeset 769:459ea1807ef8

Literal translation of Ch.13.
author Giulio@puck
date Thu Jul 30 10:21:50 2009 +0200 (2009-07-30)
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     2.4 +<chapter id="chap:mq-collab">
     2.5 +  <?dbhtml filename="usi-avanzati-di-mercurial-queues.html"?>
     2.6 +  <title>Usi avanzati di Mercurial Queues</title>
     2.7 +
     2.8 +  <para id="x_15d">Mentre è facile imparare gli usi più semplici di Mercurial Queues, l'uso di un po' di disciplina e di alcune delle capacità di MQ usate meno frequentemente rende possibile lavorare in ambienti di sviluppo complicati.</para>
     2.9 +
    2.10 +  <para id="x_15e">In questo capitolo, userò come esempio una tecnica che ho usato per gestire lo sviluppo di un driver del kernel di Linux per un dispositivo Infiniband. Il driver in questione è grande (almeno per le dimensioni dei driver), con 25.000 righe di codice sparse su 35 file sorgente. Viene mantenuto da un piccolo gruppo di sviluppatori.</para>
    2.11 +
    2.12 +  <para id="x_15f">Sebbene la maggior parte del materiale in questo capitolo sia specifica per Linux, gli stessi principi si applicano per qualsiasi base di codice di cui non siate i proprietari principali e su cui dobbiate fare un bel po' di lavoro.</para>
    2.13 +
    2.14 +  <sect1>
    2.15 +    <title>Il problema dei molti obiettivi</title>
    2.16 +
    2.17 +    <para id="x_160">Il kernel di Linux cambia rapidamente e non è mai stato stabile internamente, in quanto gli sviluppatori effettuano frequentemente modifiche drastiche tra una release e l'altra. Questo significia che una versione del driver che funziona bene con una particolare release del kernel non sarà nemmeno in grado di <emphasis>compilare</emphasis> correttamente su, tipicamente, qualsiasi altra versione.</para>
    2.18 +
    2.19 +    <para id="x_161">Per mantenere un driver, dobbiamo tenere a mente un certo numero di versioni di Linux differenti.</para>
    2.20 +    <itemizedlist>
    2.21 +      <listitem><para id="x_162">Un obiettivo è l'albero di sviluppo principale del kernel di Linux. In questo caso, il mantenimento del codice è parzialmente condiviso con altri sviluppatori della comunità del kernel, che effettuano modifiche <quote>#drive-by#</quote> al driver man mano che sviluppano e rifiniscono i sottosistemi del kernel.</para>
    2.22 +      </listitem>
    2.23 +      <listitem><para id="x_163">Manteniamo anche un certo numero di <quote>#backports#</quote> verso vecchie versioni del kernel di Linux, per supportare le necessità di cienti che stanno utilizzando distribuzioni di Linux più vechie che non incorporano i nostri driver. (Effetuare il <emphasis>#backport#</emphasis> del codice significa modificarlo per farlo funzionare in una versione del suo ambiente obiettivo più vecchia di quella per la quale era stato sviluppato.)</para>
    2.24 +      </listitem>
    2.25 +      <listitem><para id="x_164">Infine, rilasciamo il software seguendo un'agenda che non è necessariamente allineata con quella usata dagli sviluppatori del kernel e dai distributori di Linux, in modo che possiamo consegnare nuove funzionalità ai cienti senza obbligarli ad aggiornare il loro kernel o la loro intera distribuzione.</para>
    2.26 +      </listitem>
    2.27 +    </itemizedlist>
    2.28 +
    2.29 +    <sect2>
    2.30 +      <title>Approcci seducenti che non funzionano bene</title>
    2.31 +
    2.32 +      <para id="x_165">Ci sono due modi <quote>standard</quote> per mantenere un software che ha come obiettivo molti ambienti diversi.</para>
    2.33 +
    2.34 +      <para id="x_166">Il primo è mantenere un certo numero di rami, ognuno designato per un singolo obiettivo. Il problema di questo approccio è che dovete mantenere una ferrea disciplina nel flusso dei cambiamenti tra i repository. Una nuova funzione o correzione di bug deve prendere vita in un repository <quote>intatto</quote>, poi passare a tutti i repository #backport#. Le modifiche di #backport# sono più limitate nei rami in cui dovrebbero propagarsi; una modifica di #backport# che viene applicata a un ramo a cui non appartiene probabilmente impedirebbe al driver di compilare.</para>
    2.35 +
    2.36 +      <para id="x_167">Il secondo è quello di mantenere un singolo albero di sorgenti pieno di istruzioni condizionali che attivano o disattivano pezzi di codice a seconda dell'obiettivo designato. Dato che queste istruzioni <quote>ifdefs</quote> non sono permesse nell'albero del kernel di Linux, un processo manuale o automatico deve essere seguito per eliminarli e produrre un albero pulito. Una base di codice mantenuta in questo modo diventa rapidamente un macello di blocchi condizionali che sono difficili da capire e mantenere.</para>
    2.37 +
    2.38 +      <para id="x_168">Nessuno di questi approcci è particolarmente adatto a situaizoni in cui non <quote>possedete</quote> la copia canonica di un albero di sorgenti. Nel caso di un driver Linux che viene distribuito insieme al kernel stadard, l'albero di Linus contiene la copia del codice che il mondo tratterà come canonica. La versione a monte del <quote>mio</quote> driver può essere modificata da persone che non conosco, senza che io nemmeno lo scopra fino a quando i cambiamenti non appaiono nell'albero di Linus.</para>
    2.39 +
    2.40 +      <para id="x_169">Questi approcci hanno la debolezza aggiunta di rendere difficile generare patch ben formate da sottoporre a monte.</para>
    2.41 +
    2.42 +      <para id="x_16a">In linea di principio, Mercurial Queues sembra un buon candidato per gestire uno scenario di sviluppo come quello qui delineato. Sebbene questo sia indubbiamente il caso, MQ contiene anche alcune funzioni aggiuntive che rendono il lavoro più piacevole.</para>
    2.43 +
    2.44 +    </sect2>
    2.45 +  </sect1>
    2.46 +  <sect1>
    2.47 +    <title>Applicare patch in maniera condizionata con le guardie</title>
    2.48 +
    2.49 +    <para id="x_16b">Forse il miglior modo per mantenere la sanità con così tanti obiettivi è quello di essere in grado di scegliere patch specifiche da applicare a una data situazione. MQ fornisce una funzione chiamata <quote>guardie</quote> (originata dal comando <literal>guards</literal> di quilt) che fa proprio questo. Per cominciare, creiamo un semplice repository per fare qualche esperimento.</para>
    2.50 +
    2.51 +    &interaction.mq.guards.init;
    2.52 +
    2.53 +    <para id="x_16c">Questo ci dà un piccolo repository che contiene due patch che non hanno alcuna dipendenza reciproca, perché toccano file differenti.</para>
    2.54 +
    2.55 +    <para id="x_16d">L'idea dietro all'applicazione condizionale è che potete <quote>etichettare</quote> una patch con una <emphasis>guardia</emphasis>, che è semplicemente una stringa di testo di vostra scelta, poi dire a MQ di selezionare le guardie specifiche da usare al momento di applicare le patch. MQ applicherà, o salterà, una patch con guardia, a seconda delle guardie che avete selezionato.</para>
    2.56 +
    2.57 +    <para id="x_16e">Una patch può avere un numero arbitrario di guardie, ognuna delle quali è <emphasis>positiva</emphasis> (<quote>applica questa patch se questa guardia è selezionata</quote>) o <emphasis>negativa</emphasis> (<quote>salta questa patch se questa guardia è selezionata</quote>). Una patch senza alcuna guardia viene sempre applicata.</para>
    2.58 +
    2.59 +  </sect1>
    2.60 +  <sect1>
    2.61 +    <title>Controllare le guardie su una patch</title>
    2.62 +
    2.63 +    <para id="x_16f">Il comando <command role="hg-ext-mq">qguard</command> vi permette di determinare quali guardie dovrebbero applicarsi a una patch, o di visualizzare le guardie che sono già in effetto. Senza alcun argomento, il comando mosra le guardie della patch correntemente in cima alla pila.</para>
    2.64 +
    2.65 +      &interaction.mq.guards.qguard;
    2.66 +
    2.67 +    <para id="x_170">Per impostare una guardia positiva su una patch, fate precedere il nome della guardia da un <quote><literal>+</literal></quote>.</para>
    2.68 +
    2.69 +      &interaction.mq.guards.qguard.pos;
    2.70 +
    2.71 +    <para id="x_171">Per impostare una guardia negativa, fate precedere il nome della guardia da un <quote><literal>-</literal></quote>.</para>
    2.72 +
    2.73 +    &interaction.mq.guards.qguard.neg;
    2.74 +
    2.75 +    <para id="x_74a">Notate che in questo caso gli argomenti del comando <command>hg qguard</command> sono introdotti con il prefisso <literal>--</literal>, così Mercurial non interpreterà il testo <literal>-quux</literal> come un'opzione.</para>
    2.76 +
    2.77 +    <note>
    2.78 +      <title>Impostare e modificare</title>
    2.79 +
    2.80 +      <para id="x_172">Il comando <command role="hg-ext-mq">qguard</command> <emphasis>imposta</emphasis> le guardie su una patch, ma non le <emphasis>modifica</emphasis>. Questo significa che se invocate <command role="hg-cmd">hg qguard +a +b</command> su una patch, quindi invocate <command role="hg-cmd">hg qguard +c</command> sulla stessa patch, l'<emphasis>unica</emphasis> guardia che verrà impostata successivamente sarà <literal>+c</literal>.</para>
    2.81 +    </note>
    2.82 +
    2.83 +    <para id="x_173">Mercurial memorizza le guardie nel file <filename role="special">series</filename>, in una forma facile sia da capire che da modificare a mano. (In altre parole, non dovete usare il comando <command role="hg-ext-mq">qguard</command> se non volete, perché potete tranquillamente modificare direttamente il file <filename role="special">series</filename> file.)</para>
    2.84 +
    2.85 +    &interaction.mq.guards.series;
    2.86 +
    2.87 +  </sect1>
    2.88 +  <sect1>
    2.89 +    <title>Selezionare le guardie da usare</title>
    2.90 +
    2.91 +    <para id="x_174">Il comando <command role="hg-ext-mq">qselect</command> determina quali guardie sono attive in un dato momento. Il suo effetto è quello di determinare quali patch verranno applicate da MQ la prossima volta che invocherete <command role="hg-ext-mq">qpush</command>. Non ha alcun altro effetto, in particolare non agisce in alcun modo sulle patch che sono già applicate.</para>
    2.92 +
    2.93 +    <para id="x_175">Invocato senza argomenti, il comando <command role="hg-ext-mq">qselect</command> elenca le guardie attualmente in effetto, una per ogni riga di output. Ogni argomento viene trattato come il nome di una guardia da applicare.</para>
    2.94 +
    2.95 +      &interaction.mq.guards.qselect.foo;
    2.96 +
    2.97 +    <para id="x_176">Nel caso siate interessati, le guardie attualmente selezionate vengono memorizzate nel file <filename role="special">guards</filename>.</para>
    2.98 +
    2.99 +    &interaction.mq.guards.qselect.cat;
   2.100 +
   2.101 +    <para id="x_177">Possiamo vedere gli effetti delle guardie selezionate quando invochiamo <command role="hg-ext-mq">qpush</command>.</para>
   2.102 +
   2.103 +    &interaction.mq.guards.qselect.qpush;
   2.104 +
   2.105 +    <para id="x_178">Una guardia non può cominciare con un carattere <quote><literal>+</literal></quote> o un carattere <quote><literal>-</literal></quote>. Il nome di una guardia non deve contenere spazio bianco, ma la maggior parte degli altri caratteri sono accettabili. Se provate a usare una guardia con un nome non valido, MQ se ne lamenterà.</para>
   2.106 +
   2.107 +    &interaction.mq.guards.qselect.error;
   2.108 +      
   2.109 +    <para id="x_179">Cambiare le guardie selezionate cambia le patch che vengono applicate.</para>
   2.110 +
   2.111 +    &interaction.mq.guards.qselect.quux;
   2.112 +
   2.113 +    <para id="x_17a">Potete vedere nell'esempio seguente che le guardie negative hanno la precedenza sulle guardie positive.</para>
   2.114 +
   2.115 +    &interaction.mq.guards.qselect.foobar;
   2.116 +
   2.117 +  </sect1>
   2.118 +  <sect1>
   2.119 +    <title>Le regole di MQ per applicare le patch</title>
   2.120 +
   2.121 +    <para id="x_17b">Le regole usate da MQ per decidere se applicare una patch sono le seguenti.</para>
   2.122 +    <itemizedlist>
   2.123 +      <listitem><para id="x_17c">Una patch che non ha guardie è sempre applicata.</para>
   2.124 +      </listitem>
   2.125 +      <listitem><para id="x_17d">Se la patch ha una qualsiasi guardia negativa che corrisponde a una qualsiasi guardia correntemente selezionata, la patch viene saltata.</para>
   2.126 +      </listitem>
   2.127 +      <listitem><para id="x_17e">Se la patch ha una qualsiasi guardia positiva che corrisponde a una qualsiasi guardia correntemente selezionata, la patch viene applicata.</para>
   2.128 +      </listitem>
   2.129 +      <listitem><para id="x_17f">Se la patch ha guardie positive o negative, ma nessuna corrisponde a qualsiasi guardia correntemente selezionata, la patch viene saltata.</para>
   2.130 +      </listitem>
   2.131 +    </itemizedlist>
   2.132 +
   2.133 +  </sect1>
   2.134 +  <sect1>
   2.135 +    <title>Riordinare l'ambiente di lavoro</title>
   2.136 +
   2.137 +    <para id="x_180">Lavorando sul driver di dispositivo menzionato in precedenza, non applico le patch a un normale albero del kernel di Linux. invece, uso un repository che contiene solo una fotografia dei file sorgente che sono rilevanti per lo sviluppo del dispositivo Infiniband. Le dimensioni di questo repository sono l'1% delle dimensioni di un repository del kernel, quindi è più facile lavorare con esso.</para>
   2.138 +
   2.139 +    <para id="x_181">Quindi scelgo una versione <quote>di base</quote> sulla quale le patch vengono applicate. Questa è la fotografia dell'albero del kernel di Linux a una revisione di mia scelta. Quando scatto la fotografia, registro l'identificatore di changeset dal repository del kernel nel messaggio di commit. Dato che la fotografia mantiene la <quote>forma</quote> e il contenuto delle parti rilevanti dell'albero del kernel, posso applicare le mie patch sul mio repository ridotto o sul un normale albero del kernel.</para>
   2.140 +
   2.141 +    <para id="x_182">Normalmente, l'albero di base a cui applicare le patch dovrebbe essere una fotografia di un albero a monte molto recente. Questo facilita al meglio lo sviluppo di patch che possono essere facilmente sottoposte a monte con poche o addirittura nessuna modifica.</para>
   2.142 +
   2.143 +  </sect1>
   2.144 +  <sect1>
   2.145 +    <title>Suddividere il file <filename role="special">series</filename></title>
   2.146 +
   2.147 +    <para id="x_183">Categorizzo le patch nel file <filename role="special">series</filename> in un certo numero di gruppi logici. Ogni sezione di patch simili comincia con un blocco di commenti che descrive lo scopo delle patch che seguono.</para>
   2.148 +
   2.149 +    <para id="x_184">La sequenza dei gruppi di patch che mantengo è la seguente. L'ordine di questi gruppi è importante per i motivi che verranno descritti dopo aver introdotto i gruppi.</para>
   2.150 +    <itemizedlist>
   2.151 +      <listitem><para id="x_185">Il gruppo delle patch <quote>accettate</quote>. Sono le patch che il gruppo di sviluppo ha sottoposto al mantenitore del sottosistema Infiniband e che sono state accettate, ma che non sono presenti nella fotografia su cui il repository ridotto è basato. Queste sono patch <quote>a sola lettura</quote>, presenti solo allo scopo di trasformare l'albero in uno stato simile a quello in cui si trova nel repository del mantenitore a monte.</para>
   2.152 +      </listitem>
   2.153 +      <listitem><para id="x_186">Il gruppo delle patch da <quote>rielaborare</quote>. Sono le patch che ho sottoposto ma per le quali il mantenitore a monte ha richiesto alcune modifiche prima di poterle accettare.</para>
   2.154 +      </listitem>
   2.155 +      <listitem><para id="x_187">Il gruppo delle patch <quote>in sospeso</quote>. Sono le patch che non ho ancora sottoposto al mantenitore a monte, ma su cui dobbiamo finire di lavorare. Queste patch saranno <quote>a sola lettura</quote> per un po'. Se il mantenitore a monte le accetta al momento di sottoporle, le sposterò alla fine del gruppo <quote>accettate</quote>. Se ne richiede la modifica, le sposterò all'inizio del gruppo da <quote>rielaborare</quote>.</para>
   2.156 +      </listitem>
   2.157 +      <listitem><para id="x_188">Il gruppo delle patch <quote>in corso</quote>. Sonon le patch che vengono attivamente sviluppate e che non dovrebbero essere ancora sottoposte a nessuno.</para>
   2.158 +      </listitem>
   2.159 +      <listitem><para id="x_189">Il gruppo delle patch <quote>#backport#</quote>. Sono le patch che riadattano l'albero dei sorgenti a una vecchia versione dell'albero del kernel.</para>
   2.160 +      </listitem>
   2.161 +      <listitem><para id="x_18a">Il gruppo delle patch da <quote>non rilasciare</quote>. Sono le patch che per qualche ragione non dovrebbero mai essere sottoposte a monte. Per esempio, una patch di questo tipo potrebbe modificare le stringhe di identificazione incluse nei driver per rendere più facile distinguere, nel campo, tra una versione del driver presa dall'albero e una versione consegnata a un venditore di distribuzioni.</para>
   2.162 +      </listitem>
   2.163 +    </itemizedlist>
   2.164 +
   2.165 +    <para id="x_18b">Tornando alle ragioni per cui i gruppi di patch sono ordinati in questo modo, ci piacerebbe che le patch più in basso nella pila siano stabili il più possibile, in modo da non aver bisogno di rielaborare le patch più in alto a causa di modifiche a loro contesto. Mettere le patch che non verranno mai cambiate all'inizio del file <filename role="special">series</filename> serve proprio a questo scopo.</para>
   2.166 +
   2.167 +    <para id="x_18c">Ci piacerebbe anche applicare le patch che sappiamo di aver bisogno di modificare in cima a un albero di sorgenti che somiglia il più possibile all'albero a monte. Questo è il motivo per cui teniamo le patch accettate in giro per un po'.</para>
   2.168 +
   2.169 +    <para id="x_18d">Le patch dei gruppi <quote>#backport#</quote> e <quote>non rilasciare</quote> si trovano alla fine del file <filename role="special">series</filename>. Le patch #backport# devono essere applicate su tutte le altre patch e anche le patch da <quote>non rilasciare</quote> potrebbero starsene al sicuro.</para>
   2.170 +
   2.171 +  </sect1>
   2.172 +  <sect1>
   2.173 +    <title>Mantenere le serie di patch</title>
   2.174 +
   2.175 +    <para id="x_18e">Nel mio lavoro, uso un certo numero di guardie per controllare quali patch devono essere applicate.</para>
   2.176 +
   2.177 +    <itemizedlist>
   2.178 +      <listitem><para id="x_18f">Le patch <quote>accettate</quote> sono sorvegliate da <literal>accepted</literal>. Questa guardia è abilitata per la maggior parte del tempo. Quando sto applicando le patch su un albero dove le patch sono già presenti, posso disabilitare questa patch così le patch che la seguono verranno applicate in maniera pulita.</para>
   2.179 +      </listitem>
   2.180 +      <listitem><para id="x_190">Le patch che sono <quote>terminate</quote>, ma non ancora sottoposte, non hanno guardie. Se sto applicando la pila delle patch a una copia dell'albero a monte, non ho bisogno di abilitare alcuna guardia per ottenere un albero di sorgenti ragionevolmente sicuro.</para>
   2.181 +      </listitem>
   2.182 +      <listitem><para id="x_191">Le patch che hanno bisogno di essere rielaborate prima di venire nuovamente sottoposte sono sorvegliate da <literal>rework</literal>.</para>
   2.183 +      </listitem>
   2.184 +      <listitem><para id="x_192">Per quelle patch che sono ancora sotto sviluppo, uso <literal>devel</literal>.</para>
   2.185 +      </listitem>
   2.186 +      <listitem><para id="x_193">Una patch #backport# potrebbe avere diverse guardie, una per ogni versione del kernel a cui si applica. Per esempio, una patch che #backports# una parte del codice alla versione 2.6.9 del kernel avrà una guardia <literal>2.6.9</literal> guard.</para>
   2.187 +      </listitem>
   2.188 +    </itemizedlist>
   2.189 +    <para id="x_194">Questa varietà di guardie mi concede una flessibilità considerevole nel determinare quale tipo di albero dei sorgenti creare. Per la maggior parte delle situazioni, la selezione delle guardie appropriate viene automatizzata durante il processo di assemblaggio, ma posso regolare manualmente le guardie da usare nelle circostanze meno comuni.</para>
   2.190 +
   2.191 +    <sect2>
   2.192 +      <title>L'arte di scrivere patch #backport#</title>
   2.193 +
   2.194 +      <para id="x_195">Usando MQ, scrivere una patch #backport# è un processo semplice. Tutto quello che una patch di questo tipo deve fare è modificare una parte di codice che usa una funzione del kernel non presente in una vecchia versione del kernel, in modo che il driver continui a funzionare correttamente con la vecchia versione.</para>
   2.195 +
   2.196 +      <para id="x_196">Un obiettivo utile da raggiungere nella scrittura di una buona patch #backport# è far sembrare il codice come se fosse stato scritto per la vecchia versione del kernel che state considerando. Meno intrusiva è la patch, più facile sarà da capire e mantenere. Se state scrivendo una collezione di patch #backport# per evitare l'effetto <quote>macello</quote> causato da molti <literal>#ifdef</literal> (blocchi di codice che vengono usati solo in maniera condizionata) nel vostro codice, evitate di introdurre nelle patch <literal>#ifdef</literal> dipendenti dalle versioni del kernel. Piuttosto, scrivete diverse patch, ognuna delle quali provoca cambiamenti incondizionati, e controllate la loro applicazione usando le guardie.</para>
   2.197 +
   2.198 +      <para id="x_197">Ci sono due ragioni per separare le patch #backport# in un gruppo distinto dalle patch <quote>normali</quote> i cui effetti vengono modificati da quelle. Il primo è che mescolarle insieme rende più difficile usare uno strumento come l'estensione <literal role="hg-ext">patchbomb</literal> per automatizzare il processo di sottoposizione delle patch a un mantenitore a monte. Il secondo è che le patch #backport# potrebbero perturbare il contesto in cui una successiva patch normale viene applicata, rendendo impossibile applicare la patch normale in maniera pulita <emphasis>senza</emphasis> che la patch #backport# precedente sia già stata applicata.</para>
   2.199 +
   2.200 +    </sect2>
   2.201 +  </sect1>
   2.202 +  <sect1>
   2.203 +    <title>Suggerimenti utili per sviluppare con MQ</title>
   2.204 +
   2.205 +    <sect2>
   2.206 +      <title>Organizzare le patch in directory</title>
   2.207 +
   2.208 +      <para id="x_198">Se state lavorando su un progetto sostanzioso con MQ, non è difficile accumulare un grande numero di patch. Per esempio, mi è capitato di avere un repository di patch contenente più di 250 patch.</para>
   2.209 +
   2.210 +      <para id="x_199">Se potete raggruppare queste patch in categorie logiche separate, potete memorizzarle in directory differenti, in quanto MQ non ha problemi a usare nomi di patch che contengono separatori di percorso.</para>
   2.211 +
   2.212 +    </sect2>
   2.213 +    <sect2 id="mq-collab:tips:interdiff">
   2.214 +      <title>Visualizzare la cronologia di una patch</title>
   2.215 +
   2.216 +      <para id="x_19a">Se sviluppate un insieme di patch per un lungo periodo, è una buona idea mantenerle in un repository, come discusso nella <xref linkend="sec:mq:repo"/>. Se fate in questo modo, scoprirete velocemente che è impraticabile usare il comando <command role="hg-cmd">hg diff</command> per guardare la cronolgia dei cambiamenti di una patch. In parte, questo succede perché state guardando la derivata seconda del codice reale (un diff di un diff), ma anche perché MQ aggiunge rumore al processo modificando le marcature temporali e i nomi di directory quando aggiorna una patch.</para>
   2.217 +
   2.218 +      <para id="x_19b">Tuttavia, potete usare l'estensione <literal role="hg-ext">extdiff</literal> inclusa in Mercurial per trasformare il diff didue versioni di una patch in qualcosa di leggibile. Per fare questo, avrete bisogno di un pacchetto di terze parti chiamato <literal role="package">patchutils</literal> <citation>web:patchutils</citation>. Questo fornisce un comando chiamato <command>interdiff</command> che mostra le differenze tra due diff di un diff. Usato su due versioni dello stesso diff, genra un diff che rappresenta le differenze tra la prima e la seconda versione.</para>
   2.219 +
   2.220 +      <para id="x_19c">Potete abilitare l'estensione <literal role="hg-ext">extdiff</literal> nel solito modo, aggiungendo una riga alla sezione <literal role="rc-extensions">extensions</literal> del vostro file <filename role="special">~/.hgrc</filename>.</para>
   2.221 +      <programlisting>[extensions]
   2.222 +extdiff =</programlisting>
   2.223 +      <para id="x_19d">Il comando <command>interdiff</command> si aspetta che gli vengano passati i nomi di due file, ma l'estensione <literal role="hg-ext">extdiff</literal> passa una coppia di directory al programma che segue, ognuna delle quali può contenere un numero arbitrario di file. Quindi abbiamo bisogno di un piccolo programma che invochi <command>interdiff</command> su ogni coppia di file in quelle due directory. Questo programma è disponibile sotto il nome di <filename role="special">hg-interdiff</filename> nella directory <filename class="directory">examples</filename> del repository di codice sorgente che accompagna questo libro.</para>
   2.224 +
   2.225 +      <para id="x_19e">Con il programma <filename role="special">hg-interdiff</filename> nel percorso di ricerca della vostra shell, potete eseguilo come segue, dall'interno di una directory di patch gestita da MQ:</para>
   2.226 +      <programlisting>hg extdiff -p hg-interdiff -r A:B my-change.patch</programlisting>
   2.227 +      <para id="x_19f">Dato che vorrete usare questo comando prolisso molto spesso, potete fare in modo che <literal role="hg-ext">hgext</literal> lo renda disponibile come un normale comando Mercurial, modificando ancora una volta il vostro file <filename role="special">~/.hgrc</filename>.</para>
   2.228 +      <programlisting>[extdiff]
   2.229 +cmd.interdiff = hg-interdiff</programlisting>
   2.230 +      <para id="x_1a0">Questo istruisce <literal role="hg-ext">hgext</literal> a rendere disponibile il comando <literal>interdiff</literal>, in modo che possiate accorciare l'invocazione precedente di <command role="hg-ext-extdiff">extdiff</command> a qualcosa di un po' più maneggevole.</para>
   2.231 +      <programlisting>hg interdiff -r A:B my-change.patch</programlisting>
   2.232 +
   2.233 +      <note>
   2.234 +	<para id="x_1a1">Il comando <command>interdiff</command> funziona bene solo se i file sottostanti dai quali vengono generate le versioni di una patch rimangono gli stessi. Se create una patch, modificate i file sottostanti e poi rigenerate la patch, <command>interdiff</command> potrebbe non produrre alcun risultato utile.</para>
   2.235 +      </note>
   2.236 +
   2.237 +      <para id="x_1a2">L'utilità dell'estensione <literal role="hg-ext">extdiff</literal> va oltre il semplice miglioramento della presentazione delle patch gestite da MQ. Per avere ulteiori informazioni, leggete la  <xref linkend="sec:hgext:extdiff"/>.</para>
   2.238 +
   2.239 +    </sect2>
   2.240 +  </sect1>
   2.241 +</chapter>